Adolescenza e matematica.
Viene
l'adolescenza. La ricerca dell'identità. La ricerca di se
stessi, di ciò che si ha dentro.
La ricerca del
contenuto. O meglio, la ricerca del contenuto del contenuto del
contenuto
(già, come
negli insiemi): contenente forse è il corpo, contenuto forse è
il movimento, contenuto del contenuto è il pensiero che fa il
movimento ed, infine, contenuto del contenuto del contenuto è
il pensiero non cosciente, fatto di immagini, che è il motore
primo.
Viene
l'adolescenza e l'esigenza di poggiare la costruzione della propria
identità sui pensieri più profondi che abbiamo, sui
pensieri non coscienti appunto.
O almeno così
dovrebbe essere. Ma non sempre è così e non sempre il
tentativo riesce.
Non sempre si
riesce ad essere abbastanza in rapporto con la parte non cosciente
dei nostri pensieri. Non sempre si riesce ad essere abbastanza non
scissi tra cosciente e non cosciente da riuscire in questo difficile
passaggio.
Non sempre il non
cosciente è abbastanza sano e pulito da sostenere il peso
dell'identità in formazione.
Quando vi è
scissione, il mondo cosciente è lontano da quello non
cosciente. Il mondo cosciente è lontano dal sentire.
L'identità profonda viene sostituita dall'identificazione coi
padri, dalla corazza caratteriale, dalla gestione cosciente e
razionale del comportamento. In questi casi si sta delineando un
possibile adulto anaffettivo o schizoide.
Talvolta vi è
invece malessere più o meno grave. Svezzamenti falliti,
separazioni dai genitori che diventano apparentemente impossibili.
Talvolta vi è rabbia, bramosia, delusione. Depressione.
E poi ancora:
disagio col proprio corpo, difficoltà con gli affetti,
difficoltà nelle relazioni e nei rapporti.
Cosa c'entra tutto
questo con la matematica e con il filo del pensiero che stavamo
seguendo?
C'entra perché
capita che alcuni ragazzi, la cui identità non è
abbastanza definita da reggere ai rapporti ed alle delusioni,
scelgano la matematica come rifugio, come mondo in cui le cose
tornano, come mondo in cui la complessità è gestibile,
come mondo in cui essere bravi e sentirsi di valere.
Il mondo della
matematica viene riconosciuto come mondo amico, non frustrante.
Diventa il proprio mondo. Diventa il mondo in cui far tornare le
cose. (Vedremo poi che questo riconoscere la matematica come mondo
amico potrebbe essere dovuto al modo stesso in cui la matematica
nasce e si forma nella mente umana).
I matematici.
I matematici sono
strani. Lo dicono tutti.
I matematici non
sono necessariamente razionali nella vita.
I matematici non
sono necessariamente razionali quando fanno ricerca matematica, anzi.
I matematici sono
rigorosamente logici quando danno la dimostrazione di un risultato.
I matematici fanno
della matematica il loro mondo.1
Ai non matematici
la matematica produce angoscia e incomprensibilità perché
toglie l'irrazionalità dei rapporti, la nebulosità
dell'inconscio, l'indefinitezza della vita.
Per i matematici
la matematica, in cui le cose tornano, placa l'angoscia prodotta dai
rapporti.
I matematici hanno
spesso la spinta a sistematizzare il loro campo di studio.
I matematici
incanalano la razionalità, prodotta dalla fuga dai rapporti,
nella sistematizzazione della matematica stessa.
Ma si può
pervenire ad un paradosso: su cosa si basa la razionalità? Su
se stessa?
(Nota 1: A
questo proposito è ben nota la seguente barzelletta sui
matematici.
L'avvocato:
“meglio un'amante. Se hai una moglie e vuoi divorziare, vai
incontro ad un sacco di problemi legali”.
Il medico: “meglio
una moglie. Il senso di sicurezza che ti dà il matrimonio
diminuisce lo stress”.
Infine il
matematico: “meglio averle tutt'e due: così quando la
moglie pensa che sei con l'amante e l'amante pensa che sei con la
moglie, tu puoi andare al dipartimento di matematica in santa pace!”)
2 commenti:
.....comunque continuo a leggere tutto....ciao
grazie!!!
ciao.
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